Ci sono artisti nella storia dell’arte che più di altri dividono il pubblico ed il mercato creando la classica netta spaccatura definibile nella frase di Catullo Odi et amo.
“Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile; non so, ma è proprio così e mi tormento.” Gaio Valerio Catullo
Di Cristiana Zamboni
L’infinito tormento dell’uomo, Julian Schnabel lo esplica nella creatività e lo custodisce in un suo dipinto ad olio su velluto del 1982 intitolato Maria Callas. Il colore, sapientemente posizionato dalla mano dell‘artista, trasfigura le emozioni primordiali in segni astratti, originando un fortissimo dinamismo.
Un corpo chimerico volteggia in un mondo apparentemente provato, assorbendo le vite e i sentimenti reali di chi lo osserva. Di finezza in finezza si ha la sensazione che l’arte, attraverso quella tela, riesca ad elaborare le complesse e contraddittorie emozioni di massa equilibrandole col caos egoistico della contemporaneità.
“Ci sono troppe mediazioni; troppe parole, idee e teorie si frappongono tra l’osservatore e l’oggetto della contemplazione” J. Schnabel
Schnabel con le sue opere ed i suoi film, racconta se stesso ed il suo essere artista. Nel 1996 dirige il suo film più famoso, Basquiat. Tramite le percezioni ed i pensieri di uno dei più importanti esponenti del graffitismo americano, espone al pubblico in chiave universalmente comprensibile, l‘intricato ma vivo mondo dell’arte.
“In questa città sei schiavo del fattore riconoscimento. Parte del lavoro degli artisti è esporre l’opera in modo che io posso vederla. Io mi considero una metafora del pubblico. Io sono un occhio pubblico, un testimone, un critico. Quando guardate un’immagine per la prima volta, non dovete perdere di vista la barca, state molto attenti, potreste avere davanti l’orecchio di Van Gogh.”
Dal film Basquiat diretto da J. Schnabel 1996
Julian Schnabel e Basquiat hanno vissuto e creato insieme. Si sono confrontati e raccontati in una New York prolifica e fuori dagli schemi, fortemente volta al futuro ed all’avanguardia. In un momento in cui essere artista significava esporsi, provare nuove tecniche e cercare nuovi linguaggi.
Un’epoca in cui il lavoro degli artisti si poneva in collisione con il conformismo, con il mondo della pubblicità e con il mercato dell’arte che pretendevano di assogettare i gusti e decidere i bisogni.
” New York era una città stimolante. Offriva la possibilità di incontrare molti artisti che avevano inventato un linguaggio innovativo. Tutto ciò ci constringeva ad inventarci dei linguaggi nuovi ed osservando gli altri potevamo anche comprendere cosa fosse necessario e quanto impegno ci volesse per diventare artisti.” J. Schnabel
Julian Schnabel nasce il 26 ottobre del 1951 a Brooklyn. Fin da bambino è attratto dalla pittura e la sua famiglia, pur non comprendendo bene cosa fosse l’arte, sostiene fortemente la sua vocazione ed i suoi studi artistici.
Nel 1965 si trasferisce a Brownsville. E‘ uno dei pochissimi ragazzi ebrei in Texas, crea e dipinge in una piccola casetta di plastica. Verso i quindici anni la sua vena artistica prende forma e si concretizza in uno stile tutto suo ispirandosi ai cartelloni pubblicitari messicani in cui le scritte sono l’elemento espressivo che unisce la sua arte e le sue sensazioni alla realtà.
Attraverso le pennellate concretizza la sua visione del mondo e la trasporta in superficie. Una superficie in cui vecchie vele e cerate recitano la parte di tele bianche pronte ad esser dipinte, con il compito di contenere tutta l‘energia creativa dell’artista. Un’energia che, incurante dei confini, si estende nel tempo e nello spazio attraverso le emozioni suscitate nello spettatore.
“E’ così che l’arte è generativa, quello che gli artisti possono dare agli altri, l’utilità che hanno in questa vita, sta nella loro scoperta di un punto di convergenza in cui il fatto fisico denota uno stato di coscienza. [..] Io voglio continuare a dipingere ciò che mi sorprende o non ho ancora visto”. J. Schnabel
La sua pittura è fluida e caratterizzata da colori molto liquidi, forse per interpretare al meglio la sua grande passione per il surf. Secondo l’artista il mare è l’elemento che rappresenta il mondo ed è il giusto sinonimo di quella debita sensazione di libertà doverosa per sopravvivere e vivere, andando oltre la realtà.
Insofferente alle regole e consapevole di ciò che vuole, dopo la laurea lascia il Texas e torna a Brooklyn, con l’intento di far conoscere la sua arte. Si droga ed assume acidi quotidianamente.
“Voltandoti indietro ti rendi conto come durante la giovinezza avverti l’istinto insoppremibile di realizzare qualcosa. Non sai come definirlo ma sei incapace di tenerlo a freno. Hai bisogno di credere completamente in quello che fai. Non è qualcosa di razionale è una fede cieca.” J. Schnabel
Espone per la prima volta nel 1976 al Contemporary Arts Museum Houston e nel 1979 inaugura la sua prima mostra personale nella galleria di Mary Boone. La gallerista è attratta dalle enormi opere sensuali, gestuali ed allusive del giovane Schnabel. Uniche e molto distanti dall’arte in voga in quel momento. Enormemente rigurgitanti di una carica vitale ed intima gioia per la vita generata dal dipingere che attrae, inaspettatamente, il pubblico.
“Molti dei paradigmi da lui sostenuti sono una firma del suo metodo artistico ed ormai sono fortemente influenti nel mondo dell’arte contemporanea.” Alison Gingeras
Nonostante la critica disdegni inesorabilmente ogni sua esposizione ricollegandolo alla figura dell’artista polemico e provocatore simbolo dell’eccesso dell’epoca, Schnabel continua la sua ascesa verso il successo.
“Anche in tempi più recenti, non vi è alcuna connessione necessaria tra l’influenza determinante di un mercato attivo e il degrado della qualità estetica: la cosa peggiore che si può dire del mercato del nostro tempo è che è frammentata, ma tutti i suoi diversi settori presi insieme sono effettivamente esteticamente neutrali, dal momeno che elevano il bene e il male allo stesso modo.
Così mentre è perfettamente vero che il mercato può vendere qualsiasi cosa – anche coperte piegate, merda in scatola, ramoscelli, mattoni e così via – non ci sono prove che tali fenomeni siano stati causati dal mercato. Nè che il mercato preferisca tali cose e nemmeno che ha accolto il loro arrivo. In effetti, si potrebbe sostenere che gran parte dell’arte più decadente del nostro tempo è venuta alla luce perchè coloro che l’hanno prodotta sono stati isolati dal pieno impatto delle forze del mercato, sia attraverso il possesso di ricchezza privata sia, più recentemente, attraverso il sistema esistente di mecenatismo governativo Hands – Off. ” Da Julian Schnabel di Peter Fuller 1984.
Nel 1980 espone alla Biennale di Venezia accanto ad artisti come Anselm Kiefer e George Baselitz e nel 1981 esce in copertina su ArtForum come l’artista che divide il mercato dell’arte.
Nel 1987 è al Whitney Museum of American Art, a Schirn Kunsthalle Frankfurt nel 2004, al Museo Correr a Venezia nel 2011 e alla The Brant Foundation Art Study Center di Greenwich nel Connecticut nel 2013.
“Io ho avuto l’enorme privilegio di frequentare delle persone che vedevano cose che gli altri non vedevano e poi le condividevano con me.” J. Schnabel
Frequenta Andy Warhol ed il suo migliore amico è Lou Reed. Attori come Gary Oldman, Al Pacino, Willem Dafoe ed altri frequentano la sua viola casa – studio, Palazzo Chupì, sull’11esima Strada nel West Village. Inevitabilmente, chi entra in contatto con lui, ne diventa amico e lo ritrae come una fonte inesauribile di vigoria e generosità. Sempre propenso alla vita ed al prossimo con un lato intimo e privato immerso nella sua famiglia e nelle giornate passate a giocare con i figli nella sua casa al mare.
“La paura…tutti abbiamo paura ma vogliamo non aver paura di nulla. Tutti temiamo la solitudine. Lou Reed odiava stare solo ed anch’io. Quando provi affetto per qualcuno, tra le braccia di quel qualcuno puoi ritrovare tua madre.” J. Schnabel
Omofono con la sua arte, Schnabel è un uomo in perpetua trasformazione incapace di fermarsi ed osservare il mondo restando immobile. Cammina avanti indietro, pensa, parla, ascolta musica ed intanto dipinge, vestito solo con un pigiama dal taglio classico, che ricorda lo stile dei gangster degli anni trenta.
“Le sue tele costituiscono memoria delle sue esperienze vissute. Tutto quello che gli succede si riflette sul suo lavoro artistico. ” Peter Brant
Amante della natura, contrasta il suo improvviso e destabilizzante successo con regole ferree autoimposte nella vita privata. Un artista irruento ed accentratore che ha vissuto e vive la realtà concentrandola ed immergendola pienamente nelle molteplici forme dell’arte. Creando opere caratterizzate da immagini che figurano e ripercorrono il suo quotidiano in cui l’ uso del colore, del tutto personale, crea nello spettatore una sensazione ottica emotiva.
“Fare arte significa allontanarsi dalla realtà ed ha un potere salvifico. Quando hai qualche problema dipingi e tutto si risolve. E‘ un rimedio contro tutti i mali. ” J. Schnabel
Immagini che si tramutano in diari dove la memoria trascrive e narra il mondo così com’è e come viene percepito. Ponendo l’accento sul lato reale di ognuno di noi e sulla capacità di riconoscere la vera bellezza che, invisibile o visibile a pochi, attraverso l’arte acquista una sua reale fisicità, palesandosi universalmente.
“E tutti i suoi film hanno questa caratteristica che mettono in scena il suo dolore, il suo immolare la propria vita per l’espressione artistica. […] Quando guardo le opere di Julian, riconosco essere delle perfomance vere e proprie. Il suo piegare le parole ed osservare ciò che intorno ha un grande significato emotivo. Questo suo provare delle emozioni è un elemento delle sua arte. Utilizza il piacere o altre reazioni e ci gioca con la sua arte. E‘ la sua caratteristica e si ritrova anche nei suoi film, nelle sue sculture, nella sua arte ed ovviamente, nel suo modo di vivere. ” Willem Dafoe
Un artista che, ricercando e dipingendo solo il lato positivo e luminoso della vita e della natura mescola, attraverso la pittura, passato e presente. Il suo personale e moderno linguaggio estetico si rimesta ai passati maestri spagnoli ed italiani come El Greco, il Tintoretto, Giotto, Goya e Picasso. Riprendendo filosofi antichi come Omero ed Eschilo e modernizzandoli attraverso una poetica che, innegabilmente, riporta a Pollock.
“Dipingere è azione di autoscoperta. Ogni buon artista dipinge ciò che è.” J. Pollock
Addentrandosi nella vita e nell’arte di Julian Schnabel è quasi impossibile non sentirsi avvolti dai personaggi dei suoi film, essi stessi interpreti inconsapevoli della personalità del regista.
Così come succede con lo sfavillio dei fluidi colori accesi delle sue enormi opere. Una fluidità che conferisce all’immagine la luminosità che l‘artista sente nella vita. Fuori dagli schemi e dai dogmi accademici dell’arte trasferisce su tele inusuali una sua complessa e contrastante visione dell’esistenza. A volte così concentrata sull’alternanza tra convenzionalismo ed anticonformismo da risultare estranea ad ogni logica umana. Schnabel, che sia attraverso l’occhio della regia o attraverso la gestualità di un pennello, imprime negli occhi dello spettatore inconsuete sensazioni ancora tutte da scoprire. E puoi solo amarlo o solo odiarlo od entrambi, allo stesso modo ed allo stesso tempo.
LINK per biografia
http://www.darsmagazine.it/la-liberta-di-essere-julian-schnabel
SkyArte documentario La vita di Julian Schnabel
http://pace-production.s3.amazonaws.com/file_objects/press_release/883/_JulianSchnabel_PressRelease_
https://it.wikipedia.org/wiki/Julian_Schnabel
LINK per immagini opere
http://pace-production.s3.amazonaws.com/file_objects/press_release/883/_JulianSchnabel_PressRelease_
https://www.pacegallery.com/exhibitions/12852/new-plate-paintings
https://www.wikiart.org/en/julian-schnabel/maria-callas-ii-1982
https://www.blouinartinfo.com/artists/julian-schnabel-4373
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Articolo pubblicato su Dartema.com
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