Il bello è un concetto imperfetto e soggettivo. E’ emozione ed armonia. Ma l’uomo ha bisogno di regole anche per definire le emozioni. Nascono così i canoni della bellezza femminile, che dall’antica Grecia ad oggi, definiscono e limitano la figura femminile.
di Cristiana Zamboni
Il bello assoluto non esiste. Esiste nel momento in cui suscita un’emozione. Ciò che definiamo bello di per sé non deriva da calcoli e non ha regole a cui attenersi. E’ un concetto imperfetto e soggettivo, è emozione ed armonia. Ma l’uomo ha bisogno di regole anche per definire le emozioni. Nascono così i canoni della bellezza femminile, calcoli matematici ideali ma volubili che, dall’antica Grecia ad oggi, definiscono e limitano la figura femminile .
Sono stata cresciuta come donna da una donna e come uomo da un uomo, in un sottile perfetto equilibrio, fino a quando non mi sono riconosciuta come persona . Da quel momento l’arte mi ha aiutato a comprendere l’ideale, palese o nascosto, della figura femminile nel mistero del mondo ed ho compreso che , l’affannosa ricerca femminile di sottostare a canoni estetici dettati dalla moda e dalla storia per avere un posto nella società, fosse lo status più lontano dal mio voler essere la differenza.
“Ciò che è bello è buono“
Platone
Parlando d’arte come metafora della realtà va precisato che per bellezza s’intende solo quella oggettiva cioè quella che suscita l’accettazione senza riserve perché senza imperfezioni, della maggioranza degli individui. Questo concetto nasce dal bisogno essenziale dell’uomo di attenersi a delle regole imposte per auto-disciplinarsi .
“Ogni dettaglio fa la perfezione e la perfezione non è un dettaglio”
Leonardo Da Vinci
Scrisse Leonardo Da Vinci e lo troviamo espresso nel più famoso sorriso della storia dell’arte incarnato nella Gioconda. Ma, se la osserviamo al di fuori da ciò che ci è stato insegnato, dal suo tempo e dal suo creatore è facile sentirsi chiedere che cosa mai abbia di così speciale. La Monna Lisa racchiude in quel sorriso tutta la complessa ricerca della figura femminile perfetta nel Rinascimento. La perfezione del dettaglio che crea un insieme euritmico dell’intera figura e del suo rapporto con lo spazio.
In arte, la figura femminile, è da sempre studiata per l’attrazione che il suo insieme suscita nell’uomo che la osserva. Forme in equilibrio, curve infinite, sostanza perfetta. Partendo da Frine, a Cleopatra, a Elena di Troia, fino a Beatrice e via via con tutte le icone femminili raccontate dai letterati e rappresentate dagli artisti, osserviamo che la ricerca di un’idea di bellezza pura ed assoluta diviene un concetto essenziale.
Ricerca complicatissima essendo il mondo femminile, apparentemente misterioso, variegato e volubile, un tema ricco di condizionamenti. Modificato dall’uomo stesso, dalla storia e dalla società in cui la si contestualizza.
La donna, unica costante nella ricerca della bellezza assoluta, eppure senza un capitolo definito nella storia. Qualche spunto, qualche riconoscimento ma sempre legato ad altre figure maschili o trasfigurato nel suo essere per potervi appartenere. Si pensi a Giovanna D’arco, si scarnò della sua femminilità per poter far valere le richieste che Dio le fece e combattere nel suo nome.
“Che cos’é la bellezza? Una convenzione, una moneta che ha corso solo in un dato tempo e in un dato luogo”.
Henrik Ibsen
Non esiste un canone assoluto di bellezza femminile. Lo si nota proprio da come ogni artista, liberamente ed individualmente, l’ha rappresentata. Ogni epoca ha le sue Veneri e le sue Madonne. Seguono le mode, i vezzi di quel determinato periodo storico e sono strettamente legate al loro ruolo nella società. Quasi fossero, esse stesse, parte di quel vezzo. Partendo dai greci antichi fino ad oggi, l’unico dato rimasto immutato è l’ostinazione femminile a farne parte, fino a diventarne, in alcuni momenti storici, il condizionamento maggiore della loro vita.
La sua rappresentazione artistica ci permette di conoscere la sua evoluzione storica, sociale e psicologica e non solo ma anche del mondo che la circonda.
Nel mondo greco, come in quello romano, era rappresentata un’ accentuazione delle caratteristiche fisiche femminili perfettamente armoniche ed aggraziate. Si osserva nelle sculture della Venere di Milo e della Nike di Samotracia.
Figure dirompenti in femminilità e grazia. Seni ben disegnati e simmetrici , fianchi larghi, statiche ma in eterno movimento ed il tutto perfettamente unito a crearne un’impressionante bellezza.
Proprio per la loro perfezione, i canoni dell’antica Grecia risultano iconoclasti anche nella storia dell’arte contemporanea. Attualmente definiti ed insegnati come proporzioni.
I romani ne arricchiscono le caratteristiche dando ai canoni di bellezza una valenza sociale per l’identificazione della casta. Le donne patrizie erano sicuramente più belle e curate.
Il primo vero cambiamento si ha nel Medioevo. La bellezza diviene quasi androgina ed adolescenziale. Donne filiformi, prive di caratteristiche femminili se non lievemente accennate. Hanno un vero e proprio timore a mettere in mostra il proprio corpo, compreso il capo. Sono pure e rigorosamente coperte.
Le donna medioevale doveva espiare il peccato capitale di Eva. Rappresentava il maligno, era un pericolo per l’uomo e, attraverso l’iconografia, si dettano i canoni della bellezza interiore, negando quella esteriore.
Col Rinascimento si ha un fondamentale cambiamento nella rappresentazione della bellezza. L’arte torna ad attingere dalla cultura greca riportando in auge anche le morbide forme femminili. Ne diviene fonte d’espressione dell’animo sensibile maschile, la perfezione che lo completa e ne definisce la natura. L’armonia ritorna il tema principale. Le forme femminili si uniscono fra loro, dando origine ad una musica d’immagini che, ascoltata con gli occhi, porta piacere alla mente ed al cuore.
Le Veneri sono pudiche ma sensuali nella loro naturale femminilità, inconsapevoli della propria bellezza e delle sensazioni che suscitano in chi le osservava. Fragili da proteggere e venerare. Una bellezza concentrata sul fisico, i visi passavano in secondo piano, spesso solo accennati e simili fra loro. Le caratteristiche importanti sono la dolcezza e la maternità insite nella figura femminile. All’idea di bellezza vengono associati i concetti di grazia, misura e proporzione. Un corpo è bello quando in equilibrio sia nei dettagli che nel suo complesso.
La bellezza è il dono più grande concesso da Dio all’umana creatura, poiché grazie alla bellezza eleviamo lo spirito alla contemplazione…
Agnolo Firenzuola
Nel primo Novecento, le donne artiste come Tamara De Lempicka, ci raccontano una figura femminile indipendente. Corpi sinuosi in forme michelangiolesche che si fondono a lievi geometrie picassiane. Figure imponenti nell’essere colte e consapevoli. Tangibili e reali. Capaci di modificare la storia.
In questo breve viaggio siamo partiti da una donna che concepisce soltanto per arrivare ad una donna in grado di concepire se stessa come un’armonia di forme con un’infinita e complessa capacità di pensiero. Mente ed anima oltre che immagine. Vive il suo tempo, ne fa parte e lo gestisce anche nelle negatività che questo comporta.
Il bisogno di perfezione, di raggiungere un’ideale di bellezza eterna, ha origini lontane nella storia ed è sempre attuale. Nell’antichità si affidava a calcoli e proporzioni con concetti basici e strutturali, oggi alla complessa capacità d’equilibrare la figura femminile alla società, alla moda ed alla cultura che non si evolve alla sua stessa velocità. E se nei secoli la bellezza della donna ha cambiato canoni e parametri, quello che rimane invariato, è il fascino misterioso ed eterno di un sorriso femminile.
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Articolo pubblicato anche su Artevitae.it