L’amore ai tempi dell’etere parte agevolato rispetto al passato, supportato da innumerevoli app che indicano il giusto percorso da seguire nel tragico e liberatorio momento del capolinea di una storia d’amore. Sophie Calle, una tra le più grande artiste del panorama contemporaneo dell’arte, attraverso la sua creatività ricerca il senso delle emozioni più profonde dell’animo umano principalmente in relazione ai sentimenti dell’abbandono, della mancanza e del lutto.
Di Cristiana Zamboni
L’arte è una terapia contro l’assenza. A. Ginori
Oggi sentire la mancanza di un qualsivoglia indefinito qualcosa è un sentimento quotidiano. Sarà per questo che sono molto seguiti gli scritti di psicanalisti, filosofi e sociologi che riflettono sul vivere questo tempo borderline. Tempo in cui il sentirsi persi tocca il punto di non ritorno della solitudine interiore che sfocia, sempre meno raramente, nel male del secolo, la depressione. Ed il filo conduttore dell’esperienza artistica di Sophie Calle, una tra le più seguite artiste contemporanee, è proprio l’intima percezione, sia individuale che collettiva, dell’assenza.
Ho bisogno d’amore, per Dio. Di una donna, di un uomo e di un cane e dell’amore di Dio. C’è bisogno d’amore, sai zio. Da tutto quanto il mondo.” Overdose (d’amore) Zucchero
Le emozioni ai tempi dei social sembrerebbero esser dotate di una marcia in più rispetto al passato, agevolate nella loro primaria funzione, da innumerevoli app che assistono le favole d’amore in un perfetto inizio ed in una altrettanto perfetta fine. App necessarie nel mostrare gli innumerevoli percosi alternativi in cui soffocare i neurotrasmettitori ed il nucleo striato. Luogo in cui, secondo le ricerche scientifiche, l’amore trova dimora. Pianificatrici senza margine d’errore nella fuga dal dolore e dall’incapacità di restare immobili nella sofferenza.
Il vostro desiderio non è forse di essere una sola persona, tanto quanto è possibile, in modo da non essere costretti a separarvi né di giorno né di notte? Se questo è il vostro desiderio, io posso ben unirvi e fondervi in un solo essere, in modo che da due non siate che uno solo e viviate entrambi come una persona sola. Platone, Simposio
La posta elettronica è una di queste necessarie prolunghe di noi stessi a cui affidiamo una di quelle imprese indigeste dove le giuste parole ci abbandonano e la probabile delusione e sofferenza altrui, mette a dura prova il nostro coraggio.
Una mattina ti svegli, sorseggi il tuo caffè ed una vibrazione improvvisa ti avvisa che hai ricevuto a new message! Lo apri e ti basta leggerne poche righe per avvertirne il senso, dando al dolore il permesso di penetrare ovunque. Rabbia, paura, odio e lacrime ti accompagnano verso l’ epigrafe, Abbi cura di te.
Amare è dare ciò che non si ha. Jacques Lacan
Parole migliori e peggiori non potevano esservi scritte. Abbi cura di te, come se ti chiedesse di promettergli che farai tu ciò che lui non è riuscito a fare. Che sperava andasse diversamente ma è andata così. Un momento che, nessuno escluso, ha provato almeno una volta nella vita. Chi è stato più fortunato se l’è sentito dire in faccia ma, tutto sommato, ai tempi del virtual chatting , via messaggio è easy.
Abbi cura di chi ami, perché un amante che muore, per quanto dimenticato sia, porta qualcosa di te nella tomba. Djuna Barnes
Normalmente si tende a cercare di dimenticare questo momento il prima possibile. Ma Sophie Calle, visual artist che ha basato tutta la sua fecondità creativa sulla ricerca delle emozioni pure e profonde dell’animo umano e principalmente in relazione ai sentimenti dell’abbandono, della mancanza e del lutto, da queste quattro piccole immense parole da vita all’opera Prenez soin de vous presentata nel 2007 alla Biennale di Venezia.
Centosette donne, sia sconosciute che famose, leggono a loro modo la mail in cui vengono, gentilmente, dispensate dal ritenersi ancora amate e sviluppano le loro personali emozioni dando vita ad un turbunio di considerazioni e situazioni che saranno raccolte in un meraviglioso libro.
Sophie Calle nasce a Parigi il 9 Ottobre del 1953. A vent’anni decide di partire e di girare il mondo con la sua macchina fotografica. E‘ particolarmente attratta dagli sconosciuti, li insegue e cerca di carpirne le genuinità clandestine più profonde mentre si muovono inconsapevoli dell’essere studiati. Ne ispeziona i dettagli smascherando l’ancestrale, consapevole che l’osservare gli altri ti pone ad una sorta di confronto e scontro intimo con loro.
Ci può essere un bisogno terapeutico, la voglia di superare un evento attraverso la creazione, come nel caso della lettera di rottura o la morte di mia madre. La priorità rimane comunque la motivazione artistica. Mi servo di molte cose della mia vita, non di tutto. Per esempio nella nuova edizione di Histoires Vraies ho aggiunto tre racconti. Uno parla di una finestra nella mia casa in Camargue. La guardo da almeno vent´anni ma non avevo mai pensato di descriverla. Il tema conduttore delle mie opere è l´assenza. Degli sconosciuti che non mi vedono, un uomo che non mi ama, mia madre che se ne va. Intervista a Sophie Calle da La Repubblica del 25/02/2012
Rientra a Parigi nel 1978 e decide di dedicarsi alla fotografia. Inizia col dar vita al suo primo lavoro intitolato Journaux intimes, un viaggio in cui, con l’ausilio di immagini e scritti, elabora le sue riflessioni più intime. Finalmente percepisce di aver trovato la sua strada, il suo congeniale linguaggio e si perde, letteralmente affascinata quasi in modo viscerale, nel mondo emotivo e nascosto dell’animo umano.
Nel 1979 inizia un nuovo progetto intitolato Les Dormeurs. Sophie invita delle persone a dormire con lei per otto ore al giorno facendosi fotografare e fotografando le persone mentre dormono. Il lavoro dura otto giorni e tra questi invitati vi è la moglie del critico d’arte Bernard La Marche-Vadel. Interessato dal suo lavoro le propone di esporlo alla Biennale di Parigi.
La sua arte inizia a viaggiare tra Francia, Stati Uniti e Italia presentando una creatività diversa, anche se non del tutto nuova, caratterizzata da una visione del genere umano molto intima e personale, ove il limite tra vita privata e quella pubblica si mescolano a favore dell’osservatore, donando la possibilità di entrarvi ed esserne parte interattiva.
Alla fine, la mia eccitazione era più forte della mia esitazione. Sophie Calle intervista sul https theguardian.com
Le sue emozioni interiori sono il principio cardine su cui si basano i suoi lavori principali. Fotografia leale della reazione personale, unica e diversa, con cui ogni essere umano reagisce di fronte ad un evento. La ricerca artistica di Calle non ha regole, non nasce da un’esigenza precisa e si potrebbe dire che scaturisce dal caso, si evolve nel bisogno e si trasmuta in gioco.
Soltanto a lavoro iniziato si impone delle regole ferree a cui attenenersi per non perdere il controllo e seguire, nel minimo dettaglio, l’evoluzione del progetto. Dalla donna spontanea e creativa del momento dell‘ispirazione, Sophie Calle, si trasforma in analista metodica e scrupolosa del dettaglio fino a lavoro completato.
Sophie ama scrivere ed è alla perenne ricerca di un suo stile personale in cui si riconosca. Ama fotografare, fermare gli attimi sulla pellicola e guardarli attraverso un terzo occhio. Dal suo lavoro embrionale, l’unione dei queste sue grandi passioni, germogliano completandosi l’un l’altra generando un’opera di immediata comprensione.
Sophie Calle è un’artista globale che ha plasmato la sua vita intorno all’arte trasformandola in un unico impulso per la sua creatività convertendo ogni sua opera in messaggero al mondo della sua anima e del suo pensiero esponendo, coram populo, le sue emozioni.
Nel 2003, in occasione del suo cinquantesimo compleanno, il Center Pompidou le organizza una retrospettiva intitolata M’AS – TU VUE. Le sue performance ed opere sono state esposte nei più prestigiosi luoghi simbolo dell’arte contemporanea e, nel 2007, rappresenta la Francia alla Biennale di Venezia con l’opera Prenez soin de vous.
Voglio fare una mostra sui non vedenti e sul loro concetto estetico. Tutto il mio lavoro ruota intorno a quel che abbiamo perduto. […] Ogni mia opera è pensata per essere appesa al muro: non ho un atelier ma una scrivania, un computer, un laboratorio e un corniciaio. Sophie Calle
Nel 2010 le viene assegnato il premio Hasselblad Award. Il suo ultimo un progetto creativo, dal titolo Racconto la bellezza per chi non vede, prende vita dal suo viaggio ad Istanbul, la soprannominata città dei ciechi. Le persone che improvvisamente qui perdono la vista, le raccontano l’ultima immagine vista coi loro occhi ed ancora impressa nella memoria. Il suo lavoro ha, sicuramente, una funzione terapeutica ma non è il fondamento infatti, la terapia, nasce nel profondo dello spettatore dell’opera e dalla sua attitudine nei confronti dell’opera della Calle.
Ma che cosa vale vivere tra le paure senza avere mai. Il coraggio di rischiare? Abbi cura di te, Levante
Sophie Calle è l’artista per eccellenza che attraverso l’arte concettuale contemporanea riesce a colloquiare in modo immediato ed universale con le emozioni profonde ed interiori dello spettatore. Alla ricerca costante del dettaglio che rende unico ogni essere umano, irripetibile nel suo vivere gli eventi della vita.
Grazie all’utilizzo di mezzi tecnologici e non ci ri-porta alla vista. Ci mostra ciò che non vediamo sia internamente che estrinseco. Ci mostra le emozioni e ci invita a lasciarci attraversare, a sentirle ed osservarci, senza avere paura perché tramite loro, possiamo crescere e scoprire segreti inimmaginabili.
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