L’estate nonostante tutto è tornata. Anche lei si accomuna molto all’uomo, tra cose giuste e cose sbagliate, riesce sempre a rinascere. E alle prime piogge di fine agosto, di lei ci rimarranno solo i ricordi, le cose non dette, i treni persi e quelli, purtroppo, presi. E comunque ci saranno gli amori, le notti stellate ed il sapore di sale sulla pelle. Insieme alle pagine di quei libri letti o soltanto aperti, il cui titolo non presagisce nulla di ciò che le parole scritte dall’autore ci lasceranno. Il primo di questa stagione scorre veloce fra le pagine scritte da Alessandro Baricco per il suo Oceano mare, che riporta ad un spontaneo richiamo dell’arte ancorato nei personaggi della fregata francese di Théodore Géricault. I cui sopravvisuti ricordano i volti dimenticati di chi, cercando una vita migliore, è rimasto lì fra onde, in eterno.
Di Cristiana Zamboni
“La prima cosa è il mio nome, la seconda quegli occhi, la terza un pensiero, la quarta la notte che viene, la quinta quei corpi straziati, la sesta è fame, la settima orrore, l’ottava i fantasmi della follia, la nona è carne e la decima è un uomo che mi guarda e non mi uccide.”
Oceano mare, Alessandro Baricco
C’è una storia che narra di una zattera e di uomini invasi dalla paura dove lo sgomento e l’attesa annientano la mente. I vivi più fragili cadono sotto il sole cocente e le onde imperversano dichiarando guerra ad un equilibrio instabile, così tanto assetato ed affamato, da far perdere la ragione.
La vera natura dell’uomo ha un’ala sola e da lì origina l’uso della ragione e del sentimento. Ma quella scapola lasciata libera, enuncia il libero arbitrio e mostra il suo istinto di sopravvivenza che lo assimila ad un animale famelico, sprofondandolo nei suoi deliri più nascosti e nei suoi pensieri più profondi, così profondi da non poter non accorgersi d’esser vicino all’inferno e d’aver donato una parte di sè al diavolo.
Ma del resto, nella storia, tutto si ripete.
“Se gli ostacoli e le difficoltà scoraggiano un uomo mediocre, al contrario al genio sono necessari, e quasi lo alimentano”.
Théodore Géricault
L’animo umano è sempre stato rappresentato dagli artisti come una sorta di diario. Dipingere le deformazioni, i pregi, i pensieri e le ambizioni, porta a guardarsi dentro e vedersi per come si è. Questo dovrebbe proteggerci. Eppure, nonostante sia lì palesemente mostrato sulla tela, l’uomo è il primo che scambia l’odio per ragione e maschera l‘ amore per se stessi e per i propri simili, con la favola dei sacrifici ideologici.
Théodore Géricault studia e rappresenta sulle sue tele l’angoscia ed il tormento umano al limite della patologia raccontando, in alcune delle sue opere più famose, il lato oscuro della forza umana.
Géricault nasce a Rouen il 26 settembre del 1791 da una famiglia agiata. Si trasferisce nel 1796 a Parigi e nel 1812 entra alla Scuola di Belle Arti. Nel 1816 partecipa al Prix de Rome senza successo e decide di partire per l’Italia per approfondire i suoi studi artisti. Vi resta per un anno, studia Tiziano e Tintoretto e dedica particolare attenzione al realismo di Caravaggio ed allo studio dell’anatomia di Michelangelo.
Rientrato a Parigi mette in pratica i suoi studi italiani dando vita alle sue opere di maggior successo. Trasforma completamente la sua arte che, iniziata sotto l’influenza del neoclassicismo, diviene asserzione del romanticismo francese, culminando in un realismo che mette in luce la vera natura dell’uomo.
“La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di conoscere se stessi.”
H. Hesse
Le sue opere germinano da un’attenta osservazione di sé, ove si confessa un uomo profondamente depresso, amante della solitudine e spesso in fuga a cavallo della trasgressione e della sua dedizione agli eccessi. Fortemente attratto da personalità borderline ed al limite della follia, cerca le radici di quell’unica ala scavando tra i segni equivoci ed ambigui che ne caratterizzano la fisionomia, tanto da dedicare gran parte del suo lavoro ad un ciclo di ritratti di persone con disturbi mentali, esaltandone le fissazioni ed i vizi.
“La malattia mentale è ancora oggi, purtroppo, un tabù, e alcune patologie sanno suscitare nient’altro che sospetto, diffidenza, paura, anche se certi vissuti sono solo apparentemente distanti e lontani da quelli dei cosiddetti normali. “
F. Guccini
L’artista esplora nei loro occhi il male che li ha portati all’oblio. Rifiuta l’usuale concetto di bellezza depredando l’arte del suo lato consolatorio e portatore di serenità, convertendola in un Ritratto di Dorian Gray. Specchio sincero dell’altra parte della natura umana, quella fragile e peccaminosa, attentamente nascosta che, se rivelata, può scuotere le coscienze portando, inevitabilmente, all’emarginazione. Scoprendo, secondo lui, il vero problema dell’uomo, la paura della solitudine.
“Quando si evita a ogni costo di ritrovarsi soli, si rinuncia all’opportunità di provare la solitudine: quel sublime stato in cui è possibile raccogliere le proprie idee, meditare, riflettere, creare e, in ultima analisi, dare senso e sostanza alla comunicazione.”
Z. Bauman
Il suo particolare e sublime uso dei colori cupi e del chiaroscuro, mette in luce il lato obliato portando l’osservatore ad immedesimarsi coi suoi soggetti.
La vita di Théodore Géricault è priva di qualsiasi misura, esattamente come la sua arte. Muore, a soli trentatre anni, il 26 Gennaio 1824.
“È perché Géricault è morto che la scuola francese non ha più capo e tutto procede in modo caotico, e ciascuno pensa per sé, credendo di liberare la propria individualità e scivolando in luoghi comuni nella composizione, nell’esecuzione e nell’interpretazione.”
E. Delacroix
La sua opera più famosa, scrigno di tutte le sue principali caratteristiche artistiche, è La zattera della Medusa del 1818 . Tratta da una storia vera successa pochi anni prima che destabilizzava, ancora, l’equilibrio politico francese. Nei suoi minuziosi dettagli e nelle luci cupe che sensibilizzano la tragicità dell’evento e del comportamento umano, Géricault racconta il naufragio della fregata Medusa del 2 luglio 1816.
“Ognuno di noi ha bisogno di sogni per vivere. ”
Oceano mare, Alessandro Baricco
Napoleone è esiliato sull’Isola d’Elba e l’Inghilterra cede alla Francia la colonia in Senegal che, per esser certa della promessa inglese, invia la Medusa a controllare. La nave è scortata da altre navi tra cui la Angus. Centocinquanta uomini agli ordini di un capitano poco esperto e timoroso, cercano di ubbidire fedelmente al comando di navigare il più veloce possibile. Errore fatale, la nave si incaglia nella sabbia.
Il capitano ed il personale di bordo si salvano con le scialuppe salutando la ciurma intenta a costruirsi una zattera di fortuna. La scena che riporta Géricault è il momento del salvataggio dei quindici superstiti.
“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire”
Cit. dal film Blade Runner
Su quella zattera l’istinto di sopravvivenza culla corpi inermi mescolati ad altri fatti a pezzi perché diventati, dopo la loro morte, cibo per i vivi. Per rappresentare la scena il più verosimile possibile, l’artista ascolta le testimonianze, si confronta con esperti e costruttori di navi e studia i cadaveri mutilati, portandoli fino allo stato di putrefazione
Un’opera enorme, quasi a grandezza naturale, sfoggia e sottolinea le contraddizioni e gli sbagli dell’uomo e dogmatizza la sua sete di salvezza e vita che, unite alla paura ed alla morte, sono il vero cilicio della storia umana.
“Il culto dell’umanità si celebra con sacrifici umani.”
N.G. Dávila
Uomini che sacrificano uomini in nome del potere e della libertà di pochi privilegiati che siedono nei salotti borghesi a discuter di politica e strategia davanti ad un cognac.
“La pazzia costruisce città, imperi, istituzioni ecclesiastiche, religioni, assemblee consultive e legislative: l’intera vita umana è solo un gioco, il semplice gioco della Follia.”
Erasmo da Rotterdam
La pregiata vera follia dell’uomo, ha in sé la capacità di osservare la vita per la meraviglia quale è. Intinge il pennello nella follia e schizza un mondo nuovo capace di estrapolare dal dolore la carica necessaria per poter rinascere. Questo è l’uomo nella sua completezza, il suo istinto a vivere e sopravvivere nonostante tutto, e grazie al libero arbitrio può sempre scegliere di acquistarsi una seconda ala. Tanto per sentirsi, almeno una volta, meno solo e più completo.
Tra le pagine di Oceano mare si ritrova il lato caratteristico della scrittura di Alessandro Baricco che estrapola il senso riflessivo un pò vacanziero durante i mesi in cui il sole comanda le nostre giornate. Le sue parole riescono ad aprire uno dei mille cassettini della memoria che l’inverno ha riempito o, per chi non ne avesse uno specifico, crea.
Parole che raccontano le pennellate interiori di un pittore che si ritrova in un luogo con personaggi molto diversi da lui e che, per i loro personali motivi, si ritrovano lì, in una comune locanda. Un libro diviso in altri tre piccoli libri che scivolano fra gli occhi velocissimamente, pur essendo capace di interagire col lettore creando un legame leggero, come lo definirebbe Calvino, e molto appassionato.
Vite che si intersecano con altre vite e mostrano, pur con una certa riservatezza, il lato nascosto dell’identità umana. Il mare è un enorme contenitore di vite, elementi e vita per la terra. E’, a pensarci bene, il tutto che ha dato origine all’uomo ed alle sue dinamiche. Attraverso il mare ha viaggiato, si è cibato e ha sognato.
Quando si pensa di mollare gli ormeggi e partire verso luoghi sconosciuti dove tutto è nuovo ed offre un’ottima base per ricominciare da zero, è inevitabile pensare al mare. Il sinonimo di piena libertà che mostra a chi guarda tutta la sua immensità. Ci si sente così piccoli e fragili dinanzi alla sua rabbia quando mostra all’uomo di cose è capace. Ed è custode eterno di esistenze impossibilitate a sopravvivergli.
Il mare ingloba tutto e molto rilascia a chi si presta ad ascoltarlo. Mostrando all’uomo la sua vera natura, anche quando, ormai afflitto e vinto, gli cede quel che gli rimane della sua forza per continuare.
Le parole di Baricco e le opere di Géricault, raccontano a chi resta e a chi davanti al mare si siede, le infinite possibilità che l’uomo, inconsciamente, si riserva. Esplica le mille e non più mille peculiarità umane, anche quelle che, ingabbiate in una mente definita folle, non sempre vengono apprezzate come condomini di una vita reale. Nascosti e rinchiusi hanno solo la capacità di soprassedere sulla normalità, lasciando libero volo a ciò che sentono nel profondo. E, se vogliamo parlare di normalità, mostra le differenze individuali e i convulsivi approcci di fronte alle problematiche della vita.
Probabilmente i naufraghi della Medusa combattevano anche a terra le loro intime battaglie, issavano bandiera bianca o schiacciavano il nemico. Qualcuno magari, dormiva con una candela accesa e agoniava un amore perduto e, forse, qualcuno di loro ha pregato ed imprecato per chiudere con questa infernale dimensione. Eppure, alle rive di una morte certa, è esploso in una carica di vita che lo ha obbliagato a cose indicibili pur di tornare a casa.
E ritrovarsi, di nuovo, a nascondersi dietro alla sua sofferenza e alla sua angoscia. La consapevolezza dell’umana forza è ciò che può far implodere ed esplodere la vita, può portare saggezza o follia. E seppure tutti gli uomini sono diversi fra loro, ciò che li accomuna è la paura della morte, anche se è desiderata.
Bibliografia:
Le immagini, cc, sono state prese dal seguente link: www.wikimedia.com
I Maestri del colore. Theodore Gericault. Di A. Del Guercio 1964
Géricault. La febbre dell’arte e della vita di De Paz Alfredo
Cose che abbiamo in comune. 44 lettere dal mondo liquido di ZYGMUNT BAUMAN, Laterza 2012
La zattera della medusa di Jonathan Miles edito da Nutrimenti, 2010
Oceano mare Alessandro Baricco Ed. Universale economica Feltrinelli
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